La violenza sessuale subita durante l'infanzia è uno dei traumi più devastanti che un individuo possa affrontare. Le cicatrici lasciate da tali esperienze non si limitano all’aspetto fisico o psicologico immediato, ma spesso influenzano profondamente la personalità e i comportamenti della vittima, manifestandosi anche in età adulta. Tra i molti effetti a lungo termine, uno dei più complessi e insidiosi è l’aggressività psicologica verso altre donne, che può emergere in contesti professionali come una forma di coping disfunzionale.
La violenza sessuale infantile e i suoi effetti psicologici
Secondo studi psicologici e studi come quello pubblicato sulla rivista American Academy of Pedriatics , la violenza sessuale subita in età precoce altera profondamente il senso di sé, la fiducia negli altri e la capacità di costruire relazioni sane. I meccanismi di difesa attivati per sopravvivere al trauma possono includere dissociazione, negazione e repressione. Tuttavia, queste strategie, utili nell’immediato per fronteggiare il dolore, possono trasformarsi in comportamenti disfunzionali nell'età adulta.
Le vittime spesso sviluppano un senso di colpa e vergogna che non appartiene loro, ma che viene interiorizzato a causa del trauma. Questa colpa proiettata su sé stesse può evolvere in un atteggiamento autodistruttivo o, al contrario, in un bisogno di controllo sugli altri come forma di compensazione.
Il coping disfunzionale e l’aggressività verso altre donne
Tra i meccanismi di coping disfunzionali, uno dei più complessi è l'aggressività psicologica verso altre donne, in particolare quelle percepite come subordinate, come dipendenti o collaboratrici. Questo comportamento può essere interpretato come una forma di "capovolgimento" del trauma: la vittima, invece di affrontare il dolore interno, lo esternalizza, replicando inconsapevolmente il ruolo del persecutore.
In un ambiente lavorativo, questa aggressività si manifesta spesso attraverso:
- Controllo eccessivo: La vittima diventa ipercritica e ipercontrollante nei confronti delle collaboratrici, cercando di mantenere un senso di superiorità e potere.
- Svalutazione del lavoro altrui: Tende a sminuire i successi o i meriti delle altre donne, riflettendo un’insoddisfazione e una competizione interna non risolta.
- Mancanza di empatia: Il trauma non elaborato può portare a un’incapacità di riconoscere le emozioni e i bisogni delle altre, riproducendo un ambiente emotivamente freddo e ostile.
Il ciclo della violenza e il ruolo delle dinamiche di genere
Questi comportamenti non si sviluppano nel vuoto, ma si inseriscono in un contesto sociale e culturale che spesso alimenta la competizione tra donne. Le vittime di violenza sessuale infantile, già segnate da una profonda mancanza di fiducia, possono interiorizzare modelli di relazione disfunzionali che le portano a vedere altre donne come avversarie o minacce.
Secondo gli esperti, questo atteggiamento può essere interpretato come un tentativo di riappropriarsi di un potere che è stato loro negato nell'infanzia, ma attraverso modalità disfunzionali che perpetuano il dolore invece di risolverlo.
Come interrompere il ciclo: consapevolezza e guarigione
Il primo passo per interrompere questo ciclo è la consapevolezza. Le donne che hanno subito traumi infantili devono riconoscere l’impatto che queste esperienze hanno avuto sulla loro psiche e sui loro comportamenti. Questo processo non è semplice, ma può essere facilitato attraverso:
- Psicoterapia: Percorsi terapeutici come la terapia cognitivo-comportamentale o la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) sono particolarmente efficaci nel trattare i traumi infantili e i comportamenti derivanti.
- Supporto emotivo: Gruppi di supporto o comunità dedicate possono offrire un luogo sicuro per condividere esperienze e sentirsi comprese.
- Educazione emotiva: Imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni è fondamentale per costruire relazioni sane e rompere le dinamiche di aggressività .
Il ruolo delle aziende e delle istituzioni
Nei contesti lavorativi, è essenziale che le aziende siano consapevoli di queste dinamiche e mettano in atto politiche per prevenire comportamenti tossici. Questo può includere:
- Formazione sul benessere psicologico: Sensibilizzare i dipendenti sui traumi e sulle loro conseguenze può favorire un ambiente di lavoro più empatico e collaborativo.
- Spazi di ascolto: Creare canali per denunciare episodi di aggressività o mobbing, garantendo anonimato e protezione per le vittime.
- Promozione della solidarietà femminile: Iniziative che incoraggino la collaborazione tra donne possono ridurre la competizione distruttiva e creare una rete di supporto.
Rompere la catena del trauma
Le donne che hanno subito violenze sessuali durante l’infanzia portano con sé un peso enorme, che può influenzare profondamente le loro relazioni con gli altri e con sé stesse. Tuttavia, questo peso non deve definirle. Attraverso un percorso di consapevolezza e guarigione, è possibile trasformare il trauma in una fonte di forza e resilienza, rompendo la catena del dolore e costruendo relazioni più sane e significative.
Riconoscere e affrontare queste dinamiche non è solo un dovere individuale, ma una responsabilità collettiva: per le aziende, per le istituzioni e per la società nel suo complesso. Solo così potremo costruire un mondo in cui le vittime di violenza trovino non solo giustizia, ma anche speranza e guarigione.