Dopo Auschwitz magistrato, ministra e presidente Europarlamento

Nata a Nizza nel 1927 da una famiglia ebrea laica, Simone Annie Liline Jacob visse un’infanzia serena, tra la casa paterna e il mare di Le Ciotat. La tragedia della deportazione sconvolse la sua vita a soli sedici anni, portandola nel campo di concentramento insieme alla madre e alla sorella Milou. Sopravvissuta alle atrocità e alla cosiddetta "marcia della morte", Simone dimostrò una forza straordinaria, anche di fronte alla scoperta tardiva che il padre e il fratello, separati da loro, furono probabilmente giustiziati in Lituania.
Il film alterna i ricordi dell’infanzia felice alle difficoltà vissute nel dopoguerra, mostrando una giovane Simone che, rientrata in Francia, si iscrive alla facoltà di Scienze Politiche a Parigi, dove incontra Antoine Veil, suo futuro marito. Qui inizia un percorso che la porterà a ricoprire ruoli fondamentali nella politica e nella giustizia francese. Tra il 1974 e il 1979, come ministra della Sanità , affrontò critiche feroci mentre difendeva in Parlamento la legge per la legalizzazione dell’aborto, rispondendo con fermezza agli insulti che evocavano le atrocità naziste.
Simone non tollerava l’ingiustizia, fosse essa rivolta alle donne costrette a ricorrere ad aborti clandestini o ai detenuti vittime di condizioni disumane. La sua resilienza, alimentata dalla volontà di testimoniare le atrocità vissute, diventò un simbolo di speranza. Convinta dell’importanza della memoria, sosteneva che la Francia doveva ricordare per evitare di ripetere gli errori del passato.
Elsa Zylberstein, che interpreta Simone in età matura, ha descritto il film come un atto politico, sottolineando il potere del cinema nel rendere accessibile la storia. Per Zylberstein, raccontare la vita di Simone Veil è un contributo alla lotta per la laicità , la pace e la consapevolezza affinché le atrocità del passato non si ripetano mai più.